CONDIVI ASCANIO DI RIPATRANSONE Biografo del Buonarroti. Notizie desunte da un articolo di Gabriele NEPI
Ascanio Condivi nato nel 1525 a Ripatransone (AP), si recò ventenne a Roma, allontanandosi dalla casa paterna e dai quattro fratelli per avvicinarsi allo zio Francesco, che era nella corte papale come notaio dei Mandati Camerali.
Dal sodalizio fu introdotto nel 1549 nel laboratorio di Michelangiolo Buonarroti (1475- 1564)) artista di gran celebrità. Nel 1553 Ascanio Condivi, per desiderio del papa Giulio III, pubblicò la sua appassionata e particolareggiata biografia dell’amico Buonarroti correggendo qualche notizia inesatta di Giorgio Vasari. Michelangelo si affezionò subito al mite Condivi, del quale ammirava la bontà d’animo. Per alcuni Michelangelo sembrava burbero, ma la nuova biografia ne fece apprezzare l’indole.
Trentenne, nel 1555 a Civitanova Marche il Condivi celebrò le nozze con Porzia Caro, figlia di Giovanni fratello di Annibal Caro, già celebre letterato. Non sembra improbabile che il Caro perfezionasse il testo del parente Condivi per maggior pregio letterario.
Il Condivi aveva riflettuto sull’idea di scrivere la vita del Michelangelo, parlandone con lo stesso personaggio narrato nella biografia. Scrive “Mi diedi con ogni attenzione e ogni studio a osservare e mettere insieme non solamente i precetti ch’egli mi dava dell’arte, ma i detti, l’azione e i costumi suoi, con tutto quello che mi paresse degno di maraviglia e d’imitazione o di lode in tutta la sua vita, con animo ancora di scriverne a qualche tempo”.
Nel 1550 era apparsa la Vita del Vasari, ma Michelangelo non ne fu soddisfatto. Lo stesso Ascanio Condivi lamenta che vi sono “alcuni che scrivono di questo raro uomo… da canto hanno detto cose che mai non furono; dall’altro lassatene molte di quelle che sono dignissime di essere notate”. Michelangelo, come accennato, aveva intravisto nel Condivi il suo biografo; questi non era un letterato di grido, tuttavia avrebbe ritratto docilmente e diligentemente la figura del maestro.
Con destrezza e con lunga pazienza “cavò le notizie dal vivo oraculo” del sommo artista, il quale non doveva essere certo insensibile all’iniziativa del Condivi. Dato il suo carattere fiero e chiuso, non avrebbe palesato ad altri la sua vita famigliare, se non avesse veduto nel Condivi colui che lo avrebbe celebrato per la posterità. La Vita di Michelangelo, compilata tra il 1550 e il 1552, uscì a Roma per i tipi di Antonio Biado nel 1553. Andò a ruba.
Nel 1568, il Vasari che si sentì offeso dal giudizio dato dal Condivi sulla biografia dell’artista, ne fece una seconda, saccheggiando, per quanto riguarda Michelangelo, quella di Condivi, senza mai citare l’autore, anzi lo citò una sola volta “con astio e veleno”, descrivendolo come pittore senza frutto.
Condivi invece, che pare sia stato iniziato alla pittura dal monterubbianese Vincenzo Pagani, operò con una discreta fama nelle Marche. Dipinse gli stemmi della città natia e dei Farnese. Nel 1571 ottenne da Alessandro Farneseil titolo di città per Ripatransone.
A Ripatransone, sua patria, si conservano 15 quadretti dei Misteri della Vergine. A lui sono attribuiti anche la Deposizione, con influssi michelangioleschi, e la Madonna con Bambino che si trova nella casa di Michelangelo, su schizzo dello scultore stesso.
La morte avvenuta il 10 dicembre 1574 per annegamento mentre attraversava il torrente Menocchia rigonfio d’acqua, gli tolse la possibilità di raccogliere le rime e le tavole di “anatomia pittorica”, che egli vagheggiava di raccogliere ad onore e gloria di Michelangelo.
Condivi ha il merito di essere stato il più efficace ed attendibile biografo di Michelangelo. La “Vita di Michelangelo Buonarroti, pittore scultore e Architetto e gentiluomo fiorentino, pubblicata dal suo scolaro Ascanio Condivi”, vide la luce in seconda edizione a Firenze nel 1746 corretta ed “accresciuta con ritratto del medesimo ed altre figure in rame”. Seguirono altre edizioni.
Merito del Condivi è quello d’aver fatto conoscere in tutto il mondo colui che alzò un “Nuovo Olimpo ai celesti” con una narrazione viva, aderente alla realtà, di aver compilato la vita di questo gran “Maestro”, in tutte e tre le nobili professioni e nella poesia ancora piena di maestà e di sodezza e che fece esclamare all’Ariosto: “Michel più che mortale, Angiol divino”.
Cfr. NEPI Gabriele, “Curiosità storiche su Fermo e il Fermano” Fermo 1996 pp. 152-154
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